Articolo contenente alcune note storiche riguardanti l’Archivio Urbano, istituito da papa Urbano VIII nel 1625 per raccogliere le copie degli atti prodotti dai notai romani e gli originali degli uffici notarili estinti.
In un fascicolo conservato nell’Archivio di Stato di Roma è raccontata la storia del primo stabilimento di balneazione nel fiume di Roma, il cui primo documento risale al 1770 ma l’istituzione era precedente.
Un fascicolo rintracciato in una collezione archivistica riguarda la formula per fabbricare un portentoso farmaco capace di guarire da moltissimi mali. La sua efficacia era autentica e non era cosa da ciarlatani, tanto che venne riconosciuta dal Collegio degli Archiatri romani, una specie di attuale Ordine dei Medici. La proprietaria ottenne l’esclusiva pontificia nel 1773 ed il balsamo fu apprezzato ancora per almeno un secolo, tanto da farne acquisire la formula da un farmacista, quindi da uno che se ne intendeva, nel 1858.
Una cartolina postale di un ristorante di Viareggio del 1932 reca un disegno di Umberto Onorato, con i suoi tipici pupazzi, e le firme autografe di personaggi di rilievo dello spettacolo teatrale dell’epoca, poi famosi anche nel cinema, nella televisione, nel doppiaggio, a cominciare da una giovanissima Anna Magnani. Si tratta di un documento di eccezionale interesse storico per gli appassionati del settore.
Tra le registrazioni dei defunti cinquecenteschi si possono riscontrare importanti aspetti sociali, come l’alta mortalità infantile e perinatale ed il gran numero di poveri, così come le cause di morte: affogato, assassinato, ai bagni, per caduta, per ferite, fulminato, per infarto, strangolato, suicida, eccetera. Insomma, una gran messe di curiosità che sono state segnalate nelle prefazioni dei volumi e che si sono qui volute riunire.
Un’edicola sacra in bella vista di cui nessuno sa niente. Chi raffigura? Un santo od un personaggio reale?
Presso la Fondazione Marco Besso di Roma, nel Fondo manoscritti Goretti, si trova un volumetto costituito da una serie di sonetti e componimenti letterari diversi, non tutti datati, divisi in due blocchi distinti. Tali blocchi sono slegati tra loro ma contenuti in un’unica copertina in cartone settecentesca. Il primo contiene una raccolta di sonetti di autori vari citati come membri dell’accademia dei Granelleschi (fondata dai fratelli Gozzi), scritta da mani diverse, alcuni dei quali datati con evidente successione cronologica tra il 1761 ed il 1784. Il secondo è invece scritto da un’unica mano, non vi sono indicazioni di autore, autodefinitosi semplicemente “l’Autore”, che scopriremo essere Bartolomeo Dotti (1651-1713).
Uno studio sulle richieste di grazia effettuate, sotto il governo pontificio, da istituzioni laicali in favore di condannati per reati anche gravi come l’omicidio.
Lineamenti di scienza genealogica
Questa è la riproduzione digitale del primo vero manuale di Genealogia italiana, pubblicato nel 1990 dai Gruppi Archeologici Italiani perché il loro fondatore, il compianto Ludovico Magrini, voleva dar voce ad ogni forma di volontariato in campo culturale e questo manuale è nato dopo due anni di corsi rivolti ad appassionati e curiosi che avevano avuto luogo nella sede del Gruppo Archeologico Romano. Dato il largo interesse presso il vasto pubblico (non così, purtroppo, nel mondo culturale), da allora molti sono stati i manuali su questo argomento dati alle stampe. Tra loro si distingue quello di Luca Sarzi Amadè, “Come svolgere ricerche sui propri antenati” (Milano, Mursia editore, 1995) che non si contrappone al mio lavoro (più tecnico), piuttosto vi integra aspetti diversi (più pratici) che completano l’argomento. Purtroppo in Italia, nonostante si sia svolto a Torino, nel 1998, un congresso internazionale di Genealogia ed Araldica, che ha radunato centinaia di seri studiosi di tutto il mondo, l’opera imprenditoriale di alcuni ha fatto sì che qui in Italia si perpetuasse l’idea che questo sia argomento per “nobilomani” fissati anziché un aspetto della ricerca storica in un paese che, più che dai monarchi, è stato caratterizzato dalle repubbliche (composte di famiglie) e dalle persone distinte in ogni campo dello scibile e dell’arte.
Questo mese inserisco del sito un mio lavoro che ha avuto vasta eco nel mondo scientifico romano. Dato che il tema del XXI Congresso Internazionale delle Scienze Genealogica ed Araldica, svoltosi in Lussemburgo nel 1994, era la migrazione delle famiglie, sulla scia del quinto centenario della scoperta dell’America abbondantemente celebrata di qua e al di là dell’oceano, e dovendo tenervi una relazione, decisi di affrontare il tema della migrazione familiare a Roma, mai affrontato da nessuno prima. Pertanto non vi era bibliografia a cui far riferimento e lo studio si dovette basare sulle mie esperienze personali derivate dai molti anni che avevo dedicato alla ricerca archivistica. Ne conclusi alcuni punti topici del metodo che le famiglie adottavano per radicarsi a Roma e dei motivi che le spingevano ad allontanarsi. Un’altra studiosa, funzionaria dell’Archivio Storico Capitolino, quindi molto pratica nella ricerca in ambito romano, la Dr. Mori, qualche anno dopo confermò tutto quanto esposto nel mio studio aggiungendo però un ulteriore punto, quello dell’acquisto, da parte del capostipite stabilito in città, di una villa urbana. Aveva perfettamente ragione e riconosco che a me era sfuggito. Chiedo venia.
Dopo l’annuncio del prossimo Anno Santo speciale per il 2016 ho pensato di inserire in questo sito un mio vecchio studio che fa riferimento a quello del 1625. Si tratta di una visita apostolica molto particolare, unica nel suo genere, finalizzata a rilevare la capacità e la qualità ricettiva delle osterie e delle locande di Borgo. Questo studio fu pubblicato sul periodico scientifico “Geo-Archeologia”, nel n. 1 del 1992, alle pagine 203-211.
Il risultato della visita fu piuttosto deludente, ma è molto prezioso per noi per le informazioni che ci fornisce sulla situazione alberghiera dell’epoca, lasciata ad una iniziativa privata di bassissimo livello.
Non si tratta di un lavoro scientifico ma della recensione di un bel libro recentemente pubblicato: “Otricoli. Santa Maria Assunta”. L’autrice, Maria Grazia Branchetti, ha prodotto un ottimo lavoro, frutto di un’accurata ricerca, riuscendo a presentarla in maniera da essere nel contempo utile agli storici ed intrigante e suggestiva al comune visitatore.
Si scrive tanto sulle chiese tuttora esistenti ma quasi mai delle scomparse. Roma era considerata la città delle chiese ma il loro numero fu drasticamente ridotto dalla furia demolitrice sabauda. Oltre alle basiliche e parrocchiali ve ne erano un’infinità appartenenti alle confraternite di mestiere o spirituali e quelle nazionali. Questa, fondata da una famiglia romana, era poi stata della confraternita dei Saponari e di altre istituzioni. L’articolo fu pubblicato nel 1987 in “Archivio della Società Romana di Storia Partria” (n. 110, pp. 227-243) e venne pubblicamente apprezzato dal compianto prof. Carlo Pietrangeli alla presentazione della rivista, quale esempio di come si dovrebbero scrivere le storie di istituzioni scomparse. Per esempio sarebbe da scrivere la storia illustrissima ed ultracentenaria dell’ospedale di S. Giacomo, fondato nel 1347 e purtroppo chiuso nel 2008.
Significato della voce Genealogia
Questo libricino di sole sette pagine è molto importante nella storia dello studio teorico di questa disciplina perché ne costituisce la più antica definizione italiana. È opera di Carlo Padiglione e risale al 1866. La definizione è stata poi migliorata nel tempo ma ciò non toglie nulla all’importanza di questo testo.
Due sonetti manoscritti ed anonimi piuttosto particolari risalenti alla fine degli anni ’30 dell’Ottocento. Uno è di carattere politico antinapoleonico mentre l’altro addirittura di genere omosessuale tra l’autore ed un ufficiale inglese.
Territori maremmani dell’abbazia delle Tre Fontane di Roma
Questo mese metto a disposizione un mio articolo del 1987 su “I territori maremmani dell’abbazia delle Tre Fontane di Roma”. Da allora il tempo è passato e gli affreschi di cui si parla sono quasi del tutto scomparsi, colpa anche di due disastrosi interventi di restauro. In un primo intervento avevano coperto con una tinta neutra le parti scolorite dell’affresco che però, erano ancora visibili perché le sagome dei castelli raffigurati venivano fuori con un colore più scuro, come delle macchie di umidità; ma non lo erano. Un secondo intervento ha pensato bene di agire alla radice scalpellando tutto l’intonaco prima coperto e distruggendo definitamente quello che era sopravvissuto per più settecento anni. Tutto ciò grazie all’alta professionalità della Soprintendenza ai Beni artisitici.
Potrei aggiundere delle cose alla storia raccontata. Per esempio che sono certo dell’autenticità del documento originale, considerato falso da un grande studioso del Settecento che però non ne dà una valida motivazione. Tra quelle proposte successivamente le più rilevanti sono la datazione e le firme congiunte delle due autorità, papa ed imperatore, con altri delle due parti, cardinali e dignitari.
Riguardo la datazione, non riportata nel testo, si è ritenuto di farla risalire, stando alla “leggenda”, all’805 ma nulla toglie che invece il documento possa essere stato emesso posteriormente. Di firme congiunte ce ne sono in molti documenti di minore rilevanza giuridica e, in un caso acclarato, anche allo stesso alto livello. Pochi anni dopo, infatti, il papa andò dall’imperatore e le firme dei cardinali che si trovano sul documento, guarda caso, sono degli stessi che accompagnavano il papa in quel viaggio, non uno di più e non uno di meno. La mancanza della data può essere stata quindi voluta, per non confondere riguardo le motivazioni della donazione stessa. Un falsario del XII secolo non aveva una tale preparazione storica da non sbagliare qualche nome.
E’ vero che alcune frasi che vi compaiono sono palesemente arbitrarie (come la punizione pecuniaria da infliggere a chi osava occupare i territori) ma queste, e solo queste, sono certamente false e poste nel testo da chi ha trascritto il documento originale sulla tavola di bronzo, certamente per rafforzarne l’autorità, secondo il concetto di allora. Tutte le altre copie sono ricavate poi dalla tavola stessa.
Intervento tenuto (ma non pubblicato negli atti) da Claudio De Dominicis al XXIII Congresso Internazionale di Scienze Genealogica ed Araldica (Torino, 21-26 settembre 1998) dal tema “L’identità genealogica e araldica. Fonti, metodologie, interdisciplinarità, prospettive”, realizzato a cura del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali.
Questo sonetto fu scritto da Trilussa (1871-1950) nell’anniversario della Presa di Roma da parte dei Piemontesi. Lui, nato dopo l’invasione, negò poi di averlo scritto, per ovvii motivi di convenienza.
Questo lavoro sarebbe dovuto essere l’inizio di un nuovo modo di presentare la storia di Roma ponendo la gente direttamente a contatto con un tipo di fonti storiche, quelle sepolcrali. L’idea era di farne una serie di pubblicazioni o di visite guidate. Ho scelto S. Maria sopra Minerva, una chiesa tra le più ricche di memorie lapidarie (presenti e scomparse) per seguire e conoscere meglio, attraverso di loro, la storia di questa nostra bella ed importante città. Purtroppo, dopo mesi di lavoro riguardanti il solo Trecento, il rettore domenicano di quella basilica (fr. Gian Matteo Serra) non ha voluto neppure incontrarmi dieci minuti per presentargli l’opera, di cui non ha voluto sapere niente. Questo nell’anno del Giubileo della Misericordia, dallo stesso “religioso” che è anche “promotore provinciale per i mezzi di comunicazione” e che in un suo scritto reperibile nel web dice di aprire le porte della Chiesa per ricevere tutti. Peccato, ma tant’è! Non mi è restato che fermarmi al primo secolo di vita della basilica e metterlo qui a disposizione degli interessati.
La storia di Villa Fonseca al Celio, oggi sede della Sanità militare, attraverso la successione dei proprietari, in particolare della famiglia di origine portoghese che le ha dato il nome, con le sue vicissitudini fino all’estinzione.